Uno dei punti chiave nella gestione dell'infezione da COVID-19 è stato l'altissimo volume di pazienti che si presentano ai centri sanitari o ospedali. Questo afflusso supera chiaramente le capacità umane e meccanicistiche disponibili, in particolare la necessità di assistenza in terapia intensiva.
Attualmente, le misure di stratificazione del rischio si basano sulle caratteristiche cliniche della polmonite grave e sulla constatazione di linfopenia nella maggior parte dei pazienti. Inoltre, uno dei più comuni segni di laboratorio rilevati nei pazienti COVID-19 che necessitano di ricovero in ospedale è stato l'aumento dei D-dimeri.
È già noto che gli individui più anziani e quelli che hanno comorbilità ( entrambi i gruppi tendono ad avere più alti D-dimeri ) hanno maggiori probabilità di morire per infezione da COVID-19.
Nell'analisi più ampia dei casi clinici pubblicati ad oggi, che includeva dati relativi a 1099 pazienti con Covid-19, confermato in laboratorio, da oltre 550 ospedali in Cina, è stato osservato un D-dimero maggiore o uguale a 0.5 mg/litro in 260 pazienti su 560 ( 46.4% ) testati, con solo il 43% con D-dimero aumentato se la malattia non era grave e circa il 60% con forma grave della malattia.
In uno studio che ha esaminato in modo specifico i parametri anormali della coagulazione, i D-dimeri marcatamente elevati erano uno dei predittori di mortalità.
Il D-dimero di presentazione era di 2.12 μg/ml ( intervallo 0.77-5.27 μg/ml ) nei non-sopravvissuti mentre era 0.61 μg/ml ( intervallo 0.35-1.29 μg/ml ) nei sopravvissuti con intervalli normali inferiori a 0.50 μg/ml.
E' stato anche mostrato che il livello di D-dimero al momento del ricovero era più alto nei pazienti che necessitavano di supporto in terapia intensiva ( livello di D-dimero mediano pari a 2.4 mg/L [ 0.6–14.4 ] ) rispetto a quei pazienti che non lo necessitavano ( livello di D-dimero mediano pari a 0.5 mg/L [ 0.3 – 0.8 ], p = 0.0042 ).
Per questi motivi, nei pazienti che hanno livelli marcatamente aumentati di D-dimeri ( che possono essere arbitrariamente definiti come un incremento di 3-4 volte ), il ricovero in ospedale dovrebbe essere preso in considerazione anche in assenza di altri sintomi di gravità poiché ciò significa chiaramente un aumento della generazione di trombina.
Gli altri test diagnostici comunemente eseguiti su qualsiasi paziente malato sono il tempo di protrombina ( PT ) e la conta piastrinica.
Nello studio cinese, il tempo di protrombina è risultato anche prolungato nei non-sopravvissuti al momento del ricovero, ma solo modestamente [ 15.5 secondi ( intervallo 14.4-16.3 secondi ) nei non-sopravvissuti contro 13.6 secondi ( 13.0-14.3 secondi ) nei sopravvissuti; range normale ( 11.5 -14.5 secondi ) ] .
Il tempo di protrombina è risultato anche leggermente prolungato al momento del ricovero in coloro che avevano bisogno di supporto di terapia intensiva ( UTI ) rispetto alla coorte non-UTI [ 12.2 s ( range 11.2–13.4 ) versus 10.7 s ( intervallo 9.8–12.1 ) rispettivamente ].
E' probabile che tali sottili cambiamenti non verranno rilevati se il tempo di protrombina viene riportato come INR.
La trombocitopenia è spesso considerata un indicatore della mortalità per sepsi. È interessante notare che questo non è il caso al momento del ricovero in molti dei pazienti con COVID-19.
Nello studio di 41 pazienti pubblicati su The Lancet, una conta piastrinica inferiore a 100 x 10(9)/L è stata osservata solo in 2 pazienti su 40 ( 5% ) con uno ciascuno nella categoria UTI e non-UTI mentre una conta piastrinica nferiore a 150 x 10(9)/L è stata riscontrata in 38 su 40 ( 95% ) con numeri simili sulla necessità o meno di supporto di terapia intensiva.
Una meta-analisi di nove studi tra cui pazienti COVID-19 con quasi 400 affetti da malattia grave ha mostrato che la conta piastrinica era significativamente inferiore nei pazienti con forma più grave di COVID-19 ( differenza media ponderata -31x10(9)/L; IC al 95%, da -35 a -29x10(9)/L ).
L'analisi dei sottogruppi che ha confrontato i pazienti per la sopravvivenza ha notato una più ridotta conta piastrinica correlata alla mortalità.
La trombocitopenia è stata anche associata a un aumento di oltre cinque volte il rischio di malattia COVID-19 grave ( odds ratio, OR, 5.1; IC al 95%, 1.8-14.6 ).
Ciò suggerisce che la trombocitopenia alla presentazione può essere un fattore prognostico ma non costante.
Sulla base della letteratura attualmente disponibile, ISTH ha raccomandato di misurare i D-dimeri, il tempo di protrombina e la conta piastrinica ( ordine decrescente di importanza ) in tutti i pazienti che presentano infezione da COVID-19.
Ciò può aiutare a stratificare i pazienti che potrebbero aver bisogno di essere ricoverati o meno o tenuti sotto stretto controllo.
Qualsiasi condizione sottostante ( ad es. malattia epatica ) o farmaci ( ad es. anticoagulanti ) che possono alterare i parametri deve essere presa in considerazione durante l'utilizzo dell'algoritmo.
È prassi comune nella maggior parte delle Unità di terapia intensiva monitorare i marcatori emostatici per identificare il peggioramento della coagulopatia.
Oltre alla conta piastrinica, ai D-dimeri e al tempo di protrombina, può essere utile misurare il fibrinogeno sierico, come raccomandato dalla guida ISTH sulla coagulazione intravascolare disseminata ( DIC ).
In Cina è stato notato lo sviluppo di coagulazione intravascolare disseminata al 4° giorno nel 71.4% dei pazienti che non sono sopravvissuti all'infezione; solo un paziente ( 0.6% )con coagulazione DIC è sopravvissuto.
E' stato anche notato un aumento statisticamente significativo dei livelli di D-dimero e del tempo di protrombina e una diminuzione dei livelli di fibrinogeno nei non-sopravvissuti nei giorni 10 e 14.
I ricercatori hanno anche osservato una diminuzione dei livelli di antitrombina nei non-sopravvissuti, sebbene questo test non possa essere eseguito facilmente in molti laboratori.
Sulla base di questo studio e dell'esperienza della letteratura pubblicata sulla coagulopatia in corso di sepsi, il monitoraggio del tempo di protrombina, il D-dimero, la conta piastrinica e il fibrinogeno possono essere utili per determinare la prognosi nei pazienti COVID-19 che richiedono il ricovero in ospedale.
In caso di peggioramento di questi parametri, deve essere garantito un supporto più aggressivo e si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di più terapie sperimentali e il supporto dei prodotti ematologici, se del caso. ( Xagena2020 )
Fonte: ISTH - International Society on Thrombosis and Haemostasis, 2020
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